Catanzaro, dove nacque il nome Italia

 

Il nome Italia, secondo quanto riportano gli storici, deriva dal vocabolo Italòi, termine con il quale gli antichi greci designavano i Vituli, una popolazione che abitava nella punta estrema della nostra penisola, nella sua parte più stretta, nei pressi dell’odierna Catanzaro.
Fino all’inizio del V secolo a.C. con il nome Italia si indicò solo l’attuale Calabria, in un secondo tempo, il nome fu esteso a tutta la parte meridionale della penisola. Nel corso del IV Sec. a.C. il nome d’Italia si estese sino alla Toscana. Quando poi, nei primi decenni del sec. III a. C. tutta la penisola, dall’Arno allo Stretto di Messina, fu amministrativamente e militarmente unificata sotto la dominazione romana, il nome d’Italia abbracciò tutta la penisola nei suoi limiti geografici. La conquista infine del territorio padano e la consapevolezza dell’unità geografica della penisola, fecero sì che, nel corso del sec. II a.C., il nome Italia, pur conservando in senso stretto il significato politico sino al limite toscano del fiume Arno, si allargasse di fatto a tutto il territorio tra le Alpi e i due mari italiani, l’Adriatico e il Tirreno. Le prime testimonianze su questo uso più esteso del nome Italia, sono in Polibio e in Catone. L’estensione ufficiale del nome a tutta intera la penisola fu compiuta allorché Ottaviano, nel 42 a.C., abolì la provincia Cisalpina creata da Silla e comprese anche l’Italia settentrionale nella sua divisione in regioni. L’unione amministrativa della Sicilia, Sardegna e Corsica, che avevano formato fino allora provincia a sé, all’Italia si ebbe solo con Diocleziano, che comprese le tre isole nella “diocesi italiciana”.
Tanti gli scrittori e gli uomini politici che hanno ricordato, nel tempo, le origini del nome Italia: Antioco di Siracusa (V secolo a.C.) a proposito del Brutium, scriveva “l’intiera terra larga centosessanta stadi, fra i due golfi di mari, il Nepetino e lo Scilletinico, fu ridotta sotto il potere di un uomo buono e saggio, che convinse i vicini, gli uni con la parola, gli altri con la forza. Questo uomo si chiamò Italo che denominò per primo questa terra Italia” e ancora Aristotele, nel VII libro della Politica, scrive “divenne Re dell’Enotria un certo Italo, dal quale, cambiando nome, si sarebbero chiamati, Itali invece che Enotri. Si racconta anche che questo Italo abbia trasformato gli Enotri, da nomadi che erano, in agricoltori e che abbia dato loro altre leggi e per primo istituito i sissizi. Per questa ragione, ancora oggi, alcune popolazioni che discendono da lui praticano i sissizi e osservano alcune sue leggi”.
Sempre Aristotele, stessa fonte, “Italo, Re degli Enotri, da lui, in seguito, presero il nome di Itali e Italia l’estrema propaggine delimitata da i due golfi”. Erodoto (V secolo a.C.) grande storico che concepiva la storia come ricerca personale e esplorazione delle altre culture, fu il primo ad usare il nome “Italia” per indicare la parte meridionale della penisola, ovvero l’antico Bruttium abitato dagli Itali: Il Bruttium corrispondeva, geograficamente, all’attuale Calabria centrale, secondo quanto tramandato anche da Dionigi di Alicarnasso, Tucidide e Virgilio quest’ultimo, nella sua Eneide, scrive “una parte d’Europa è, che dai Greci si disse Esperia, antica, bellicosa, fertile terra. Da gli Enotri colta prima Enotria nomossi, or, com’è fama, prese d’Italo il nome, Italia è detta. Questa è la terra destinata a noi”.
Quanta verità storica ci sia, tra mito e leggenda, nel voler identificare l’Istmo di Catanzaro, come luogo geografico dove nacque il nome Italia è difficile affermarlo, restano, comunque, non discutibili, le fonti storiche, anche se remote, di illustri personaggi, che abbiamo richiamato e che ne testimoniano la primogenitura. Versione confermata, anche, dall’autorevole Accademia della Crusca che, chiamata a pronunziarsi sull’argomento, ha così sentenziato: “Italia è un nome di tradizione classica, in origine con riferimento all’estremità meridionale della Calabria; si estende poi alla penisola con l’avanzarsi della conquista romana. La sanzione ufficiale del nome si ha con Ottaviano nel 42 a.C., mentre l’unione amministrativa con le isole si ha con Diocleziano (diocesi italiciana)”. 
Catanzaro, con il suo Istmo è il punto più stretto della penisola italiana e ciò ne ha favorito miti, agricoltura, commerci e civiltà fin dalla più lontana antichità. È una delle poche province italiane ad avere due mari, distanti tra loro meno di 30 chilometri e ciò potrebbe portare ad una “Festa dei Due Mari” realizzando, ad esempio, una “Maratona dell’Istmo” o dei Due Mari, a livello internazionale, per attrarre turismo come solo sa fare lo sport ed il podismo in particolare, come ci ha insegnato una recente Maratona svoltasi in città. Incentivando e rilanciando pure quell’iniziativa del “Cammino della Prima Italia” che ha avuto un grande successo nella sua prima edizione, del settembre 2020, da Squillace Lido a Curinga Mare, utilizzando vecchi sentieri con aree di sosta adeguatamente attrezzate. L’essere stato il territorio della Prima Italia è un valore unico al mondo da ben utilizzare e valorizzare come promozione turistica e non solo.
La Città di Catanzaro ricorda, nel suo sito web ufficiale, che è qui che è nato il nome Italia e solo questo potrebbe bastare per farne una vera e propria attrazione, sia turistica che culturale, visto che ogni peculiarità, caratteristica, mito, leggenda o memoria di un territorio può trasformarsi, se saputo sfruttare, in un valore aggiunto, creando, con l’indotto economico che produce, posti di lavoro e benessere per l’intera comunità.


NANDO CASTAGNA

Catanzaro, la città diffusa

 

Con la sua estensione territoriale particolarmente allungata, che va dalle alture della presila fino ad un angolo di costa che si specchia nel golfo di Squillace, Catanzaro è una città diversa da tante altre, perché unica e originale e quale migliore definizione se non quella di "città diffusa".

Storica è anche la definizione che l’identifica come "la città delle tre V": la "V" di Velluto, per la produzione in tempi passati di questi pregevoli tessuti, la "V" di Vitaliano, che è il Santo Protettore della città e la "V" di Vento, presenza sempre costante per la sua posizione su tre colli (S. Trifone, oggi S. Rocco, Vescovato e S. Giovanni) per cui è quasi sempre soggetta alle correnti dei due mari, che l'hanno resa tra le prime città italiane con il migliore indice di vivibilità climatica. Un proverbio della tradizione locale risalta questa caratteristica:

“Trovare un vero amico è così raro come un giorno senza vento a Catanzaro”.

IL CENTRO STORICO

La parte centrale è ubicata sul Monte Triavonà, uno sperone formato da tre colli, mentre le zone periferiche s’adagiano lungo le vallate, tra una vegetazione selvaggia e il corso di qualche torrente. Le origini dei primi insediamenti risalgono al periodo bizantino, tra la fine del 700 d.C. e i primi del 900 d.C., probabilmente in due fasi importanti, grazie alle popolazioni che provenivano dalle zone costiere e con l’aiuto di condottieri inviati da Bisanzio per difendere i loro presidi dagli attacchi dei saraceni, ma per un breve periodo anche loro dominarono la città. Presenze di antichi nuclei, in periodi antecedenti registrati nel circondario, sono ancora oggi oggetto di studio, ma dal punto storico si registrano delle differenze nello stesso territorio. In seguito sul monte Triavonà l’arrivo dei Normanni, intorno ai primi degli anni mille, determinò la fine del periodo bizantino e sul colle S. Giovanni ci sono i resti del loro castello con le gallerie interne. In tempi più recenti è nato il Complesso Monumentale San Giovanni, composto dalla chiesa omonima, dai resti del castello, dal piazzale panoramico con la torretta, detta di Carlo V, dal Convento dei Teresiani, in seguito trasformato in carcere e da pochi anni si sono creati nuovi spazi, tra uffici, mostre, ad un archivio dedicato alla storica Emilia Zinzi (Catanzaro, 15/4/1921 - 9/9/2004) e dalla statua del Cavatore, posta di fronte p.zza Matteotti in una nicchia semicircolare, risalente alla fine dell’800. È un’opera in bronzo creata su una base di granito dal maestro Giuseppe Rito. Il Cavatore insieme al Ponte Bisantis sono i simboli più rappresentativi della città. Dal Cavatore si diramano due direzioni parallele: una per via Carlo V e l’altra che delinea c.so Mazzini, lungo e stretto, principale arteria del centro storico, sul quale si affacciano antichi palazzi ottocenteschi e moderni, alcuni destinati a sedi amministrative e vanta la presenza di antiche chiese, disposte lungo il percorso. una dopo l’altra. Alla fine del corso, accanto alla chiesa di S. Rocco, discesa Gradoni, coglie di sorpresa il visitatore con la vista sul mare, mentre a p.zza Roma è ubicata la stazione della funicolare che facilita gli scambi tra il centro storico e le zone sud della città. E per una veduta più ampia delle vallate fino alla costa basta affacciarsi dalla balconata di Bellavista. Naturalmente anche i quartieri hanno le loro chiese, qualcuna antica, mentre la maggior parte sono quasi tutte moderne. I riti religiosi in città più seguiti sono: la processione del 16 luglio e dedicata al Santo Protettore San Vitaliano e quella del venerdì Santo, denominata Naca, dal greco nake, vello lanoso, che copre l’antica culla, quale riferimento e dove viene adagiato il corpo morto di Gesù.
Il Centro Storico nel suo interno è uno agglomerato di caratteristici vicoli, con casette quasi tutte appiccicate. Esse sono vecchie abitazioni di due o al massimo tre piani, dotate di balconi che s’incrociano tra di loro. Passando di buon mattino si può avvertire nell’aria l’odore del ragù che cuoce per ore e del morzello, quest’ultimo proveniente dalle tipiche trattorie (putiche), vanto della gastronomia locale. È presente anche qualche terrazzamento dell’antica cinta muraria che, con il castello, disegnavano il nucleo centrale nell’arroccamento di tipo medievale fin dai tempi dei Normanni e comprendeva anche le torri di avvistamento e le porte nei punti più estremi, ritenute vie d’accesso, come quelle di Stratò, Porta Marina, Pratica, Castellana, di Sant’Agostino, tanto per citarne alcune, quasi tutte non presenti, tranne due o tre, di cui è rimasto ben poco. Ogni angolo racconta storie di vite passate, mercati nelle piccole piazze, le grida dei venditori ambulanti e anche il rumore degli strumenti usati dagli abili artigiani, perché un tempo si praticavano gli antichi mestieri, tra cui privilegiava soprattutto la lavorazione della seta. Esistevano dei veri e propri centri manifatturieri a gestione familiare, dove venivano prodotti tessuti pregiati con i telai, in modo particolare nello spiazzo del Sole, nel quartiere Vallotta, lungo la discesa Filanda, nella zona della Maddalena. Il quartiere Grecìa, con via Gelso Bianco, era così denominato per la coltivazione delle piantine di gelso e poco distante s’intravede l’entrata ai giardini di villa Margherita, dedicati alla Regina, che l’inaugurò con la presenza di Re Umberto I di Savoia, il 21 gennaio del 1881. Sulla facciata del Museo provinciale è posta un'epigrafe commemorativa dell’evento.
Lungo il corso appare austero il Convitto Galluppi, una delle più antiche scuole della città, nato come Convento e Collegio dei Padri Gesuiti tra il 1560 e il 1563, poi convertito a Liceo nel 1812 ad opera di Gioacchino Murat, durante il periodo di dominazione francese. Nel piano inferiore c’è una piccola cappella con i dipinti del pittore Tony Pileggi. Non può non essere menzionato il grande maestro Mimmo Rotella, con la Casa Museo e la Fondazione a lui dedicate. Proseguendo nel luogo dell’antica sinagoga, detta Giudecca per la presenza della comunità di ebrei, si erge il palazzo Fazzari con l’antica farmacia Leone. Non distante vico dell’Onda dove, negli ultimi anni della produzione della seta, venivano creati tessuti plissettati. Catanzaro tra il 1300 e il 1700 ebbe scambi commerciali con il Nord Italia e anche in altri paesi, grazie alle vendite dei manufatti in seta, tra cui rinomati velluti. Ancora oggi alcuni sono conservati in diverse chiese, mentre gli Statuti della Seta sono custoditi nella Camera di Commercio, concessi nel 1519 dall’Imperatore Carlo V durante il periodo di dominazione spagnola, con l’istituzione del “Consolato della seta”. Il 28/7/1528 soldati e cittadini di Catanzaro respinsero un attacco dei francesi, ricevendo gli onori dal re Carlo V, che concesse numerose esenzioni e franchigie da dazi e gabelle. Più di tutti, però, valgono due Diplomi del 1531 e 1536 con i quali l’Imperatore attribuì alla città i titoli di Magnifica, Nobile e Fidelissima e l’onore di aggiungere l’aquila imperiale allo stemma cittadino; un’aquila che aveva meritato con lo spargimento del sangue il proclama di “sanguinis effusione”. Nello stesso periodo anche la facoltà di battere moneta recanti su una faccia la scritta "Obsisso Cathanzario" e sull'altra "Carol. V S IMP". Percorrendo dopo p.zza Matteotti, la salita Giovanni Vercillo, detta Mauro (per la proprietà di un palazzo prestigioso, appartenente alla famiglia omonima), appaiono i quartieri della zona nord: San Leonardo, con la parrocchia di S. Antonio, i cui lavori vennero ultimati nel 1938 e accanto il convento dei Frati Minori.
Poco distante si trova il Parco delle Biodiversità Mediterranea, originariamente conosciuto come la zona della Scuola Agraria. Il giardino botanico è ricco d’innumerevoli versioni di piante e arbusti, tipici della macchia mediterranea, servizi e attività adatti a tutte le età, aree gioco per bambini, sentieri tra i viali alberati, un laghetto, un teatro all’aperto e numerose sculture ad opera di artisti contemporanei, una singolare esposizione a cielo aperto. È presente il Museo Storico Militare, Musmi, dedicato alla gloriosa Brigata Catanzaro, i cui soldati a Santa Maria La Longa (Udine), il 16/7/1917, vennero fucilati per un ammutinamento all'interno del Regio Esercito. Il Museo custodisce cimeli, armi e divise relativi a un periodo che va dal 19º secolo alla seconda guerra mondiale.
La città vanta naturalmente anche altri musei nel centro storico: il Marca, Museo delle Arti, Museo Archeologico e Numismatico Provinciale, il Museo Diocesano d’arte sacra, il Museo del Rock.

I QUARTIERI

Lungo via Luigi Pascali ritroviamo nell’ex Convento dei Cappuccini Francescani la Caserma Florestano Pepe, sede del Comando Regionale dell'Esercito, con i giardini di fronte. Nella zona nord il quartiere Baracche, così denominato per le basse costruzioni in legno, costruite dopo i terremoti in Calabria. A seguire il quartiere Stadio per la presenza di una struttura militare, oggi campo sportivo; Madonna dei Cieli con l’omonima chiesetta antica, risalente al secolo XVI e il Seminario Teologico Regionale Pio X; quartiere Pontepiccolo con suoi centri sportivi ed ospedalieri privati e la chiesa di Santa Croce del 1964; quartiere Pontegrande dove sorge la chiesa della Madonna Immacolata. Nonostante abbia origini molto antiche, l'esatta collocazione temporale della sua nascita è ancora oggi incerta; quartiere Piterà, il cui territorio era la proprietà dell’omonima famiglia e dove è ubicata la villa dei Susanna, immersa nel verde; una parte del quartiere Sant’Elia sulle alture della presila, dove s’intravedono querce e castagni. Altri quartieri disposti sul versante est dopo Pontegrande sono: Janò, Cava, Santo Janni, dove nell’aprile del 1992 iniziarono i lavori di costruzione della chiesa Santa Maria della Chiesa, edificata su un terreno acquistato da alcuni abitanti; Signorello, Campagnella lungo le vallate e più in alto Siano con la pineta e il Parco detto Li Comuni e, nel centro abitato, si erge la chiesa di S. Maria del Carmelo dei primi del ‘900. Dopo il viadotto Morandi si dispone da una lato Cavita con qualche clinica privata e un piccolo parco. Dall’altro versante e più ad ovest via Vincenzo de Filippis con il quartiere nell’interno e ancora più giù, via Lucrezia della Valle con abitazioni ed attività commerciali. Nel quartiere Piano Casa la chiesa, costruita negli anni’60, vanta due tele, rappresentanti S. Paolo della Croce e S. Gabriele dell’Addolorata del pittore Gioacchino Lamanna (Catanzaro 28/2/1942 - 23/7/2022). Dopo discesa Gradoni all’incrocio con via Carlo V si dispongono i quartieri Samà con la chiesa di S. Francesco di Paola e Fondachello. Quest’ultimo fungeva un tempo da deposito per le merci che venivano controllate attraverso la Porta di Mare; il quartiere Sala con la vecchia stazione e Pistoia lungo il tragitto della Fiumarella; Corvo, dove è presente il PalaCrovo, centro sportivo. A dividere le periferie di ogni direzione è il quartiere Santa Maria, in una zona pianeggiante, con la chiesa di S. Maria di Zarapotamo, dove sono custoditi reperti di precedenti insediamenti, che hanno riscritto la storia dei dintorni di Catanzaro, con tracce riconducibili al V e al VI secolo d. C. Da lontano appare la Torre Cavallara, una delle torri costiere sorte nel periodo aragonese del XVI sec., sorta per scopi di difesa sulle alture dell’attuale quartiere Aranceto. Proseguendo, subito dopo il quartiere Fortuna, dove la chiesa di S. Anna edificata nel 1965, appare su un’altura. A seguire il quartiere più popoloso che è Lido, oggi centro balneare. Vanta un porto turistico e il muro a mosaico del lungomare Stefano Pugliese (Catanzaro 12/4/1901 - Cirò 22/8/1978) e la principale chiesa del quartiere, intitolata alla Madonna di Porto Salvo del 1832, ristrutturata nel 1955. La località Giovino consta di un nuovo tratto di lungomare, lidi attrezzati e la chiesa di S. Teresa di Gesù Bambino, costruita negli anni 90. Tra Giovino e Bellino la presenza delle cosiddette Dune, dove cresce spontaneo il giglio di mare. Lungo viale Emilia, il quartiere Barone con l’unica chiesa in Europa collocata all'interno del perimetro di un parco commerciale. Di particolare interesse sono le vetrate dell'artista italiana Paola Grossi Gondi. Lungo Viale Europa il Policlinico Universitario e la Sede della Regione Calabria e l’UMG, l’Università degli Studi della Magna Graecia sono divenuti importanti centri operativi. Originale è il borgo più antico della città, che è Gagliano. Trae origine da un presidio romano, Oppidum Galliani, da cui prende il nome. Le chiese presenti sono: la Chiesa di S. Maria Assunta, edificata nel 1528 e la Chiesa del S.S. Rosario, edificata nel  XIII secolo, molto più antica dell'omonima Confraternita, fondata nel 1712. Le tradizioni più sentite sono la processione della Naca e quella della Madonna del SS. Rosario. Altri quartieri S. Antonio e Mater Domini, con la presenza di chiesette antiche non più parrocchiali e le due nuove moderne. La prima è la chiesa della Madonna di Pompei del 1970 e la seconda è quella di Mater Domini, costruita nel 1990. A conclusione tra il centro e le periferie non c’è un solo distacco geografico, dovuto anche a un riassetto urbano disordinato, ma vantano origini e tradizioni propri, usi e costumi, caratteristici nella loro originalità. Quindi i quartieri, i rioni, le frazioni e le molteplici aree, anche i viali e i giardini costituiscono il territorio di Catanzaro con le loro individualità.

I COMUNI

I paesini lungo le pendici degli altopiani all’apparire delle stelle assomigliano a dei veri e propri presepi, come Pentone, Taverna, Albi con vista sulle cime arrotondate, angoli di rara bellezza, e sempre più in alto, foreste e boschi dell’altopiano della Sila, ricco di pini, faggi e abeti che si specchiano nei laghi artificiali, fonti d’energia elettrica e dove nascono limpidi torrenti e dove è possibile osservare la specie endemica dello scoiattolo nero. La presenza di centri turistici di soggiorno estivo e invernale oltre 1200 metri d’altezza, parchi e villaggi caratteristici, tra cui Villaggio Mancuso, Racise, Trepidò, Palumbo e tanti altri, offrono un ambiente salutare e la possibilità di praticare escursioni. Da evidenziare centri urbani come Squillace, patria dell’illustre Magno Aurelio Cassiodoro, Copanello; Settingiano, Marcellinara, che rappresenta un centro produttivo, Borgia con il parco Scolacium, dove ci sono i resti della rinomata Basilica di Santa Maria della Roccella, la colonia romana con teatro, anfiteatro e Museo, Caminia, Stalettì, Montauro e Soverato, definita la perla dello Jonio, risplendente con la sua baia dell’Ippocampo.
E per chi vuole proseguire per le Serre, tra le zone boschive all’interno dell’Appennino Calabro è collocata Serra San Bruno (VV), centro turistico, spirituale, artigianale che conserva intatte le strutture settecentesche dei propri palazzi e la Certosa fondata da Bruno di Colonia, fondatore dell'Ordine dei Certosini. Dal versante opposto e lungo la statale 106 il bivio conduce a Simeri Crichi, Sellia  e Sellia Marina, Cropani, Botricello, rinomato centro costiero e Sersale con le cascate delle Valli Cupe. Dalla terrazza di Tiriolo, importante centro, ricco d’arte, storia e tradizioni e di chiese, posto sulla cima di un’altura che funge da spartiacque tra le valli dei fiumi Amato e Corace e gode della vista dei due mari Jonio e Tirreno, per cui Catanzaro è definita “la città tra i due mari”; Gimigliano, antica sede di estrazione del pregiato marmo verde, ormai estinto. Luogo di pellegrinaggio è il Santuario di Porto e il dipinto originale della Madonna di Costantinopoli si trova nella chiesa Matrice del SS. Salvatore. Alcuni viaggiatori, che visitarono Catanzaro, decantarono le sue bellezze come George Robert Gissing e François Lenormant.
Il primo era archeologo e il secondo un romanziere inglese che ripercorrerà lo stesso viaggio nell'Italia Meridionale, avvenuto nel 1897. Egli descrisse i luoghi con ricchezza di particolari nel testo “By the Jonian Sea”: “È qui mi sento bene, anzi molto bene perché qui è più bello vivere”… ”Nella mia geografia c’è scritto che, tra Catanzaro e il mare, si trovano i giardini delle Esperidi”.
Luigi Settembrini, scrittore e patriota italiano, che visse tra gli inizi e la metà dell’800, trasferitosi da Napoli a Catanzaro con la famiglia per una cattedra ottenuta nel liceo Galluppi, amò la città e nelle “Ricordanze della mia vita” la ricordò così: “Io le voglio un gran bene a Catanzaro e ricordo sempre di tante persone che ho conosciuto, piene di cuore”.

Ma in fondo, quale città ti permette di passare, in meno di un'ora, dalla costa alla montagna?


ANNA VERALDI